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Renzi e il Tfr in busta paga. Quella scommessa rischiosa sul futuro di chi lavora

Dopo la discussione sull'articolo 18, il premier va all'attacco sull’anticipo del trattamento di fine rapporto dal 2015. Secondo Renzi "un altro centinaio di euro al mese" possono far ripartire i consumi. Ma attenzione. Ecco cosa dice un esperto: "E' sbagliato rinunciare a un investimento sicuro". E dice: "E' una furbata"

 
Nel documento votato dall’assemblea Pd non c’è, ma l’intenzione del premier, anticipata dal Sole24ore nei giorni scorsi, è confermata: dal 1 gennaio 2015 il governo vorrebbe dare il via libera all’anticipo del Tfr in busta paga. Il premier Matteo Renzi lo ha ribadito anche a Ballarò: «Per uno che guadagna 1300 euro» è il calcolo molto spannometrico, «vuol dire un altro centinaio di euro al mese». L’idea è, come per gli ottanta euro, quella di rilanciare così i consumi, arrivando a dare fino al «50 per cento» della quota che normalmente sarebbe stata accantonata, lasciata in azienda o diretta verso un fondo pensionistico integrativo: più o meno una mensilità all'anno.
 
Con gli 80 euro, però, c’è una prima grande differenza. Quelli del Tfr sono già soldi del lavoratore, che al lavoratore (con un contratto dipendente, nel privato) sarebbero tornati, una volta interrotto il rapporto con il datore di lavoro, vuoi per licenziamento, vuoi per l’arrivo dell’età pensionabile. Soldi che sarebbero comunque arrivati al lavoratore, per di più indicizzati e sottoposti a una tassazione più favorevole.

Matematico, il professor Beppe Scienza è uno studioso di risparmio e previdenza. Insegna all’Università di Torino, ed è autore di un libro in cui, nel 2007, sosteneva «conti alla mano», perché fosse meglio non investire il Tfr nei fondi pensione, come suggerito dall’ultima riforma.CONTINUA

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