Odio di classe
Odio di classe Qualche anno fa, nella solenne sala del Refettorio della Camera, in occasione dei 91 anni di Pietro Ingrao , il poeta Edoardo Sanguineti, invitato a pronunziarne il discorso commemorativo, disse , nel contesto della sua LECTIO MAGISTRALIS, che “ i potenti odiano i proletari…”. Tra lo stupore di molti e l’indignazione repressa di altri, egli ricordò l’odio di classe con cui i padroni (*)governano il lavoratore, a cui concedono solo quanto basta per continuare a produrre. Questa è cronaca. Roberto Scavo, postino a tempo determinato di Poste Italiane SpA ( capitale interamente versato euro 1.306.000.000 ) è stato ucciso in uno scontro stradale mentre a Como percorreva una strada sulla moto aziendale. Era il 10 marzo del 2008.E questa pure è cronaca. E’ ancora cronaca, di oggi, l’ultima sentenza del tribunale civile di Como , che decide sulla irresponsabilità di tutti nella causazione dell’evento mortale e condanna i genitori di Roberto al pagamento delle spese legali, circa 30.000 euro. Roberto Scavo non è il solo ad averci lasciato la vita sul lavoro e per il lavoro, tra i portalettere di Poste Italiane SpA. Aveva – ha soli 20 anni. Le chiamano morti bianche. Questa è cronaca. Ma la questione è diversa e tocca a noi riproporla, senza perderci nella retorica dei ricordi, pur con tutta l’umana simpatia per i suoi genitori in questa ricorrenza. La questione reale è questa : il padrone ( * ) è sempre responsabile delle morti sul lavoro proprio perché è il padrone; e il lavoro, quando si fa padrone, ne è complice sostanziale. Questa è storia. Per noi , non è consentito morire così. Su questo valore assoluto occorre costruire condizioni di assoluta sicurezza e comunque addebitare al padrone e alle correlate istituzioni pubbliche ogni riconoscimento anche economico a risarcimento dell’evento, sapendo che il prezzo commerciale di una vita è altissimo. In ogni CCNL questo principio deve diventare norma : avviso-messaggio ai soliti firmatari. Se no, per questo ma non solo, l’odio di classe è esercizio del potere padronale, dovunque insinuato, magistratura compresa. Come ricordava il poeta. Ciao, Roberto.
(*) Oggi non si usa più il termine “padrone”, ma datore di lavoro, quasi fosse un benefattore della società. Il bombardamento delle rèclame istituzionali , da TV, stampa e Radio, tende a camuffare la realtà anche nel linguaggio. E noi ci riprendiamo il linguaggio partigiano. | ||