La grande abbuffonata
Un po’ è un film (regista Marco Ferreri), un po’ è la sceneggiata della recente recita parlamentare. Altro che golpe. Ora ci sarà il governo, così voluto da tutti i cortigiani per mantenere e mantenersi i privilegi, abbellendoli all’occhio debole del popolo, assordato e accecato dalla pioggia di retorica dei grandi e piccoli elettori, promossa su stampa e tv dai tanti cronisti di sistema. Ma siamo sulla buona strada, perché la scienza delle contraddizioni prenota l’esplosione materiale delle condizioni di classe. Parole? No, utopia…. cioè il senso della storia umana. Diamogli, allora, una mano nel nostro piccolo | ||
Arte culinaria
Le istituzioni cosiddette repubblicane sono abituate al “segreto”; significa che solo pochi possono sapere tutto e quindi disporne a piacimento. Neppure la magistratura, per quanto potere indipendente, può accedere alle carte segrete dello Stato. Il capo dello Stato viene scelto ed eletto così, tra riunioni notturne, congiure di palazzo, accordi intriganti, patti personali modello setta. E la platea popolare ride, applaude, piange. Nulla di nuovo da una democrazia che ha i segni profondi della cucina democristiana, vecchio partito con 10 – 100 – 1000 correnti, tutte con i coltelli sotto il tavolo ed il sorriso sulle labbra dei conviviali. Chi sarà il nuovo presidente italiano, dopo il settennato dell’ex comunista (molto ex) Napolitano? Noi abbiamo un sogno nel cuore (e nella testa): un presidente operaio. | ||
Giorgio e i dieci saggi
Non è una favola. Le contorsioni della democrazia rapprresentativa, alla disperata caccia di ricette risanatrici, sono quindi approdate inevitabimente al ridicolo, con rispetto parlando delle istituzioni repubblicane. Giorgio Napolitano, ex comunista, è al capolinea. Con lui si chiude una stagione nella quale il sistema del libero mercato ha manifestato - finalmente - crepe non oscurabili e non più curabili con medicine tradizionali. C'è del nuovo ? Tra i saggi - oligarchia aristocratica dei sistemisti - non vi troviamo un operaio dell'Alfa Romeo di Arese, nè un lavoratore dell Tissenkrupp di Torino, nè un dipendente precario della Fiat di Pomigliano o di Termini Imerese.
Non c' è altra speranza...se non nella resistenza. | ||
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